Una meridiana straordinaria (ed un triste epilogo)

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  1. pugaciof
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    Tratta da "alberto cane blog" una notizia che riguarda la mia terra.
    Si parla di un orologio particolare, ma sempre segnatempo è.
    L'intervento è talmente affascinante che non ritengo di dover aggiungere nulla, se non il link alla pagina del blog, quale condizione per poter riprodurre il materiale: http://albertocane.blogspot.com/

    La meridiana in pietra gentile

    C'è, alle spalle di una San Remo ormai plastificata, un remoto e aereo paese tibetano. Di nome fa Bajardo, e infatti un bel cavallo rampante campeggia nello stemma comunale, senz'ali però, che al volo verso la luna e oltre ci pensano i due angioletti pennuti che gli stanno a fianco.

    Lassù, a 900 metri, dove il mare ruba spazio al cielo e la luce del Mediterraneo genera ombre vive che solo lì puoi vedere, un artista artigiano è finalmente arrivato al termine di un'opera che ha richiesto quindici anni di lavoro. René Ausenda, così si chiama, da sempre costruisce meridiane, quegli orologi solari usati dai tempi più remoti dove uno stilo di metallo (gnomone) infisso su una parete genera un'ombra che spostandosi segna le ore. E proprio di una meridiana si tratta, scolpita nell'ardesia, la pietra gentile che la natura ha donato ai liguri, dalla grandezza insolita, tre metri per tre, e dal ragguardevole peso di due tonnellate.

    Ma non è tanto questa la singolarità. Nella mente dell'autore, che per tutto questo tempo, giorno dopo giorno, ha trasferito la sua ossessione dell'ombra che passa alla pietra, incidendo sogni notturni e fantasie diurne, lo scopo ultimo era quello di creare una meridiana snaturata del suo uso primario, quello appunto di misurare il tempo. Fermare l'ombra per fermare il tempo. Follia? Forse. Ma follia collettiva, da pochi ammessa ma da tanti vissuta, innescata da un misfatto che si sta compiendo ai nostri danni: qualcuno ci sta rubando il tempo. Viviamo più a lungo ma in realtà le giornate, scandite da fatti disgiunti che non fluiscono ma si affastellano, sembrano evaporare. La tecnologia ha reso più veloci molte operazioni quotidiane eppure o proprio per questo il tempo ci sfugge, non lo si gode ma lo si consuma nell'immediato e non genera memoria.

    In realtà il motivo più profondo che ha spinto l'artista a cimentarsi in questa impresa impossibile è scaturito dall'asincronia sempre più sfasata tra queste terre interne di Liguria, costruite nei secoli sui fianchi delle colline appese e, più sù, anche delle montagne con chilometri e chilometri di muri a secco, lentamente, pietra su pietra, e poi coltivate ad alberi che della lentezza sono la quintessenza, gli ulivi, e la velocità sconsiderata della trasformazione che ha generato lo sconquasso non più rimediabile di questo territorio. Non tanto al tempo della sua vita ha quindi pensato Ausenda quando si è accinto a dare delicatamente, l'ardesia è pietra tenera, il primo colpo di scalpello, ma al tempo di questa piccola civiltà contadina ormai quasi concluso. Lui, che di questa civiltà è uno degli ultimi eredi, non riesce proprio a capacitarsi che cinquecento anni di storia si siano polverizzati in qualche decennio dissennato.

    E quando per la prima volta questa meridiana te la vedi davanti nella sua imponenza, nei progetti iniziali doveva essere ancora più grande, dieci metri per dieci, ti investe un brivido. Emana qualcosa di sacrale e il mistero si fa magia. Simboli criptici si mischiano a messaggi chiari (la statua della libertà che brucia, scolpita ben prima dell'11 settembre), note musicali in fuga che ridondano all'infinito, fregi ripresi da manoscritti esoterici, e poi infine la sua centralità: l'ombra generata dallo gnomone che implode nel buco nero di questa pietra nera, là dove la superficie non è stata toccata e la materia è rimasta allo stato dei suoi primordi.

    Nella foto René Ausenda (mio fraterno amico, perché tutti e due siamo un po' dei druidi) image

    Questa è la meridiana:

    image

    E questa è la conclusione della storia:

    Il 19 gennaio del 2005 alle 18 in punto l'assessore Bruno Gabrielli del Comune di Genova varcò la soglia dell'Accademia di Belle Arti. Nell'atrio lo attendeva una folla stipata nel poco spazio in ammirazione davanti a un'opera singolare. Una grande meridiana in ardesia. L'assessore l'aveva vista per la prima volta a Bajardo (IM) dove l'aveva costruita con un lavoro durato quindici anni René Ausenda. Ne era rimasto ammaliato e l'aveva voluta portare nella sua città. Smontata nei suoi pesanti 24 pezzi e imballata con tutte le cure era stata trasportata proprio in quel luogo. Dunque l'assessore fece il discorso di prammatica cui seguirono letture e performace varie. Eravamo convenuti in parecchi, noi amici dell'artista, e anche un pullman era arrivato dal paese d'origine. Ne parlarono televisioni, radio e giornali. Lì rimase per qualche mese, poi sparì e non se ne seppe più nulla.

    E' triste dirlo ma l'autore non ha mai ricevuto un cent che è un cent. Una vergogna. Mi verrebbero parole di fuoco, ma per adesso mi trattengo.

    Spero che si chiarisca al più presto questa vicenda oscura e ingarbugliata.

    Prima che a Genova la meridiana era stata presentata l'8 giugno del 2003 a Bajardo nell'oratorio di San Salvatore con un afflusso straordinario di gente, tanto che molti non poterono assistervi e si dovette ripetere la presentazione la domenica successiva. In quell'occasione scrissi un articolo per Tuttolibri (inserto culturale de "La Stampa").

     
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25 replies since 23/10/2006, 14:06   1339 views
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